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Nasce un servizio apposito nell'amministrazione penitenziaria per i lavori utili

Favorire il reinserimento sociale di chi è in carcere attraverso il lavoro perché «il detenuto che lavora, che viene formato, ha un livello di recidiva molto basso ed è molto probabile che non tornerà a delinquere», come ricordato il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede.
 
Nasce con questo intento nell’ambito del Dap (il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria) l’Ufficio centrale per il lavoro dei detenuti. Il nuovo servizio, il cui slogan è “Mi riscatto per...” è stato presentato dallo stesso ministro Bonafede e dal capo del Dap, Francesco Basentini. Non si parte da zero: negli ultimi tempi c’è stato un aumento dell’impiego dei detenuti in lavori di pubblica utilità. In un anno e mezzo sono stati sottoscritti 70 protocolli che hanno permesso di lavorare a 4.500 detenuti.
 
Un’esperienza partita da Roma, dove i reclusi del carcere di Rebibbia (1.000 a rotazione) sono stati impegnati nella manutenzione del verde e delle stra- de, e proseguita a Milano, dove i detenuti sono stati impegnati nella rigenerazione urbana dell’area dove si è svolto Expo. Altri protocolli sono stati sottoscritti a Palermo, Torino, Napoli e Genova. Ora ci sarà un monitoraggio di queste esperienze, anche per garantirne l’uniformità su tutto il territorio nazionale.
 
Ma l’obiettivo è più ambizioso: si intende facilitare la realizzazione di attività lavorative all’interno del carcere, sviluppare l’istruzione e la preparazione professionale dei detenuti, cercando di facilitare il reinserimento del detenuto nel tessuto sociale. Si è pensato a una banca dati, con le caratteristiche dei singoli detenuti (sesso, età, religione, nazionalità, titolo di studio, esperienze lavorative) e le loro aspettative. E al tempo stesso si faranno circolare dentro il carcere le informazioni sulle diverse opportunità lavorative e le offerte formative sul territorio. Ma soprattutto si vogliono incentivare imprenditori pubblici e privati a investire all’interno degli istituti penitenziari, in modo da creare occupazione tra i detenuti.
 
«Il lavoro è una leva imprescindibile – ha sottolineato Basentini –. Questo ufficio è nato per coordinare le iniziative e fare da interfaccia tra il mondo economico e i detenuti ». «Nel lavoro ci mettiamo l’anima. È molto positivo non tenerci chiusi tra 4 mura a rimuginare e incattivirci», hanno aggiunto due detenuti del carcere di Rebibbia presenti in sala, sollecitando le istituzioni con un’altra idea su come riscattare se stessi impegnandosi a Roma nell’emergenza rifiuti.