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L'eredità del 2018: più suicidi e sovraffollamento, il dramma delle carceri italiane

Nel 2018, sono stati 63 i morti per volontà nelle carceri italiane, 20 volte in più rispetto ai suicidi della vita libera in Italia. Era dal 2011 che non si avvertiva un innalzamento tanto preoccupante. L'Associazione Antigone propone soluzioni auspicabili, informa della crescita del sovraffollamento e denuncia la necessità di adottare al più presto le misure alternative, per almeno 1/3 dei reclusi del Paese (coloro che sono in custodia cautelare).

Condizioni carcerarie mortificanti per le persone. Nel corso del 2018 Antigone ha visitato, con i propri osservatori, 86 istituti penitenziari. L'elaborazione dei dati raccolti è ancora in corso ma, nei 70 istituti per cui è conclusa, è stato rilevato che, nel 20% dei casi, ci sono celle in cui i detenuti hanno a disposizione meno di 3mq ciascuno. Nel 36% degli istituti le celle sono senza acqua calda e, nel 56% , senza doccia. Nel 20% non ci sono spazi per realizzare lavorazioni di tipo industriale e nel 29% non esiste un'area verde in cui incontrare i familiari d'estate. Queste sarebbero tutte cose previste per legge. E poi, ci si ammazza spesso, in carcere.

Mille suicidi in carcere in 20 anni. Sono stati 63, di cui 4 nel solo istituto di Poggioreale a Napoli, le morti volontarie nel 2018 in carcere; il primo avvenuto il 14 gennaio nel carcere di Cagliari e l'ultimo il 22 dicembre in quello di Trento. Era dal 2011 che non se ne registravano così tanti. Ogni 900 detenuti presenti, durante il 2018, uno ha deciso di togliersi la vita. I suicidi nelle carceri  sono 20 volte superiori a quelli registrati nell'intera popolazione italiana (si uccide 1 persona detenuta su 1.000 a fronte di 1 persona libera su 20.000). "La scelta di togliersi la vita è sempre personalissima - spiega Francesco Morelli, curatore dei dati sui suicidi per Ristretti Orizzonti - Ognuno dei 1000 suicidi che il carcere ha prodotto in 20 anni aveva il 'suo motivo'. Chiediamoci invece come mai 999 detenuti su 1.000 sopravvivono alla detenzione.  I fattori di resilienza sono vari:  l'essere in buone condizioni di salute, avere il sostegno di una famiglia, essere istruiti; trascorrere il  'tempo della pena' in ambienti dignitosi e impiegandolo utilmente con lavoro, studio, sport; e poi, la così detta 'speranza', ovvero la percezione di una società includente. Ma quando le carceri sono sovraffollate e fatiscenti e i detenuti passano 20 ore al giorno chiusi in cella i suicidi aumentano". 

Le proposte di Antigone per prevenire le morti volontarie. L'Associazione Antigone propone, a queste tragedie, soluzioni ragionevoli, ma ancora non attuate. La prevenzione dei suicidi richiede l'approvazione di norme che assicurino maggiori contatti con l'esterno e con le persone più care, un minore isolamento affettivo, sociale e sensoriale. Il carcere deve riprodurre la vita normale. Nella vita normale si incontrano persone, si hanno rapporti affettivi ed intimi, si telefona, si parla, non si sta mai soli per troppo tempo. Va rinforzato il sistema delle relazioni affettive, vanno aumentate le telefonate, va evitato l'isolamento forzato dal mondo. L'isolamento penitenziario fa male alla salute psichica del detenuto, perché è durante l'isolamento che diventa più frequente suicidarsi. Vanno posti limiti di tempo. Va, infine, abolita la norma obsoleta che prevede l'isolamento diurno per i pluri-ergastolani. 

Cresce il  sovraffollamento, carceri pugliesi le prime. Ma il suicidio, tarlo autolesivo della perdita di libertà, si aggiungono altre importanti segnalazioni dall'Associazione Antigone sullo stato carcerario, come l'insopportabile sovraffollamento. Al 30 novembre, dopo 5 anni, i detenuti sono tornati a essere oltre 60.000, con un aumento di circa 2.500 unità rispetto alla fine del 2017. Con una capienza complessiva del sistema penitenziario di circa 50.500 posti, attualmente ci sono circa 10.000 persone oltre la capienza regolamentare, per un tasso di affollamento del 118,6%. Il sovraffollamento è però molto disomogeneo nel paese. Al momento la regione più affollata è la Puglia, con un tasso del 161%, seguita dalla Lombardia con il 137%. Se poi si guarda ai singoli istituti, in molti (Taranto, Brescia, Como) è stata raggiunta o superata la soglia del 200%, numeri non molto diversi da quelli che si registravano ai tempi della condanna della CEDU (L'Italia viene condannata l'8 gennaio 2013 dalla Corte di Strasburgo per le condizioni disumane dei detenuti per sovraffollamento).   

Carenza di personale, poco lavoro, poca formazione. Inoltre, si continua a registrare carenza di personale carcerario. Negli istituti visitati c'è in media un educatore ogni 80 detenuti ed un agente di polizia penitenziaria ogni 1,8 detenuti. Ma in alcuni realtà si arriva a 3,8 detenuti per ogni agente (Reggio Calabria "Arghillà") o a 206 detenuti per ogni educatore (Taranto).   Negli 80 istituti di pena visitati da Antigone nel 2018, lavora per il carcere il 28,9% dei detenuti, mentre solo il 2,5% lavora per datori di lavoro privati. La scuola è presente quasi ovunque, ma la grande assente è la formazione professionale, che coinvolge in media il 4,8% dei detenuti e in 28 (40%) carceri è stata registrata la totale assenza di offerta di formazione professionale.

"Migliorare la qualità del detenuto e investire subito nelle misure alternative". "L'indirizzo dell'attuale governo - dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone - sembra quello di costruire nuovi istituti di pena. Costruire un carcere di 250 posti costa tuttavia circa 25 milioni di euro. A oggi, cioè, servirebbero circa 40 nuovi istituti per una spesa complessiva di 1 miliardo di euro, senza contare che il numero dei detenuti, dal 2014, ha registrato una costante crescita e nemmeno questa spesa dunque basterà. Servirebbe inoltre più personale, più risorse, e ci vorrebbe comunque molto tempo. Quello che si potrebbe fare subito, è investire nelle misure alternative alla detenzione. Sono circa un terzo le persone recluse che potrebbero beneficiarne e finire di scontare la propria pena in una misura di comunità. Inoltre, andrebbe riposta al centro della discussione pubblica la questione droghe. Circa il 34% dei detenuti è in carcere per aver violato le leggi in materia, un numero esorbitante per un fenomeno che andrebbe regolato e gestito diversamente.